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Restituire i Testi a Israele

Nel corso dei secoli, le religioni si sono evolute, adattate, trasformate. Ma cosa accade quando torniamo alle origini, quando rileggerle significa restituire i testi al contesto da cui provengono? In questo articolo voglio portarvi con me in un viaggio tra testi antichi, vangeli, tradizioni apocrife e parole dimenticate, per riflettere su una semplice verità: quei testi non ci appartengono. Sono nati all’interno del mondo ebraico, parlano al popolo di Israele, e solo con Israele hanno senso.

Il Libro dei Giubilei: una “Genesi” alternativa

Inizio dal Libro dei Giubilei, un testo apocrifo risalente al II secolo a.C., accettato dalla Chiesa etiopica ma non da quella cattolica. Ne esiste una traduzione diretta e letterale dal ge’ez, lingua antica dell’Etiopia, ed è un testo che rinarra la Genesi e l’inizio dell’Esodo. Si dice che fu dettato a Mosè da un angelo durante la sua permanenza sul monte Sinai.

Già qui emergono elementi centrali: il popolo eletto è Israele; Dio è il Dio di Israele; e tutto ruota attorno a un’alleanza esclusiva, un patto che non riguarda l’umanità intera ma un popolo ben preciso.

Peccato originale? Una costruzione teologica

Il Libro dei Giubilei non parla di peccato originale nel senso cristiano. L’origine della “contaminazione” è da attribuire all’unione tra esseri angelici (o, come preferisco definirli, individui provenienti da un altro mondo) e le donne. Nessuna colpa ereditaria, nessuna macchia nell’anima umana: è tutta una questione di contaminazione biologica, e il diluvio universale avrebbe avuto lo scopo di eliminare quei “figli dell’ibridazione”.

Questa visione non solo si distacca dalla dottrina cristiana, ma la smentisce alla radice, togliendo la necessità di un salvatore, di un sacrificio espiatorio, di un mediatore.

Midrash e patriarcato genetico: tra Abramo, Isacco e Giacobbe

Il Midrash Bereshìt Rabbà racconta che Abramo chiese a Dio i segni della vecchiaia per distinguersi dal figlio; Isacco chiese la sofferenza come preparazione al giudizio; Giacobbe chiese la malattia prima della morte per lasciare disposizioni ai figli. Tutti questi elementi servono a costruire una narrazione coerente con l’idea che Israele fosse un popolo geneticamente speciale, con tratti distintivi donati da Dio.

E Dio stesso promette: “Io scenderò e abiterò in mezzo a loro”. Ma un Dio onnipresente, trascendente, ha bisogno di “scendere”? Evidentemente no. Questo è un comandante, un governante fisico, che vive altrove ma torna periodicamente.

Un Dio che sceglie: Israele come popolo sacerdotale

Il Libro dei Giubilei insiste: Dio ha molti popoli, ma ha scelto solo Israele. A lui ha affidato i propri comandi, a lui ha chiesto di costruire il proprio santuario, in mezzo a quel popolo separato, santo cioè distinto. Gli altri popoli sono stati consegnati ad altri esseri (Elohim), ma Israele è di Yahweh, e Yahweh è il principe esclusivo di Israele.

Il patto della circoncisione, le leggi, i comandamenti: tutto è per Israele, tutto è Israele. Anche la promessa del paradiso sulla Terra riguarda solo loro, perché la sede del regno sarà qui, su questo pianeta, con un Dio fisico che abiterà a Gerusalemme.

Dall’apocrifo ai Vangeli: la continuità esclusiva

Nei Vangeli ritroviamo la stessa idea: Gesù parla sempre a “voi”, non a tutti. “Pace a voi“, non pace a tutti. “Io prego per loro, non prego per il mondo”. Gesù è un rabbi giudeo-messianista che si rivolge al suo popolo. Tutti gli altri ne sono fuori.

E anche quando dice: “Non sono venuto a portare la pace, ma la spada”, sottolinea che il suo messaggio dividerà le famiglie, causerà conflitti. È un messaggio militante, selettivo, diretto.

Restituire i testi: a ciascuno il suo

Tutto questo ci porta a una conclusione necessaria: i testi vanno restituiti al loro contesto. L’Antico Testamento è per Israele. Anche il Nuovo Testamento, che è continuità del precedente, è rivolto a Israele.

Se Israele non ha riconosciuto Gesù come Messia, è una questione interna. I cristiani dovrebbero, se vogliono, credere in un altro Dio. Ma non in quel Dio, perché quel Dio ha un popolo solo: Israele.

Quindi, se davvero vogliamo onorare la verità dei testi, dobbiamo riconoscere ciò che dicono chiaramente: “La pace sia con voi” non è universale. È un saluto riservato. E quei testi, senza Israele, non hanno senso.

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