Nel mio video dedicato ai giganti ho voluto affrontare un tema che attraversa tutta la Bibbia, dal libro della Genesi agli Apocrifi, passando per i commentari rabbinici e gli storici come Giuseppe Flavio. Non si tratta di leggende marginali: i testi parlano con chiarezza di figure potenti e dall’aspetto gigantesco, spesso legate agli Elohim e ricordate con estremo timore. In questo articolo ripercorro i principali riferimenti per mostrare quanto sia complesso e sorprendente questo argomento, un tema delicato che troppo spesso viene archiviato frettolosamente come semplice mito o leggenda.
Nimrod e l’anomalia genealogica
Il primo esempio significativo che incontriamo nella Bibbia riguarda un personaggio ancora oggi al centro di discussioni: Nimrod. La sua comparsa interrompe il fluire regolare delle genealogie, quasi fosse un’annotazione speciale. Non è un dettaglio marginale: il testo lo definisce gibbòr, cioè potente, forte, lo stesso termine che in altri passi verrà usato per indicare i giganti o gibborìm.
La Bibbia Masoretica non collega direttamente Nimrod alla Torre di Babele, ma le tradizioni lo fanno, presentandolo come colui che cercò di contrastare il progetto degli Elohim di dividere l’umanità per dominarla meglio. Nel capitolo 10 della Genesi leggiamo: “Cush generò Nimrod; costui cominciò a essere potente sulla terra. Egli era valente nella caccia davanti a Yahweh” (Gen 10:8-9).
La figura di Nimrod, quindi, appare già come un elemento di rottura: non un semplice discendente inserito in una lista, ma un personaggio a sé stante, connotato da forza, potere e capacità di ribellione. La tradizione lo ha reso simbolo di sfida, paragonandolo a Orione e associandolo alla Torre di Babele. In ogni caso, Nimrod rimane un archetipo ambiguo: da un lato potente cacciatore “davanti a Yahweh”, dall’altro espressione di una linea alternativa rispetto alla genealogia ordinaria, quasi fosse un ponte tra l’umanità comune e quelle figure straordinarie che la Bibbia definisce gibborìm.

I figli degli Elohim e i Gibborìm
Ed eccoci al punto centrale della questione: dopo aver conosciuto Nimrod e la particolarità della sua genealogia, la domanda diventa inevitabile: Chi erano questi gibborìm di cui parla la Bibbia e che ritroviamo collegati alle figure dei giganti?
In Genesi 6:1-4 leggiamo che, quando gli uomini si moltiplicarono, “i figli degli Elohim videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli… ed esse partorirono dei figli”. Il testo aggiunge: “Sono questi gli eroi dell’antichità, uomini famosi”. In ebraico qui compare gibborìm, lo stesso termine attribuito al singolare (gibbòr) proprio a Nimrod.
Mantengo Elohim al plurale, perché tradurlo con “figli di Dio” altera il senso originario del termine. Questi racconti descrivono unioni tra Elohim e donne adamite che generarono individui straordinari.
È la stessa dinamica raccontata a proposito dei miti greci: gli dèi si univano alle donne mortali dando vita a eroi mezzosangue come Eracle, accreditato di statura eccezionale. E non si trattava di un semplice mito: se andiamo a scavare nelle testimonianze, lo stadio di Olimpia – dove sono nate appunto le olimpiadi – aveva un cippo che indicava la partenza e un cippo che indicava l’arrivo e tra i due cippi c’era una distanza di 192 metri e 27 centimetri; questo valore era dichiarato essere esattamente 600 volte la lunghezza del piede di Eracle. La realtà storica ci conferma la concretezza del mito.
Quindi anche Ercole era probabilmente uno di questi esseri anomali, diciamo di questi giganti. Ecco, di questi giganti ci parla la Bibbia. E ce ne parla spesso, come ad esempio nei due passi in cui si dice che avevano sei dita per ogni arto, 24 dita in tutto, dice l’autore biblico. Proprio per dire: guardate che non mi sono sbagliato: avevano sei dita, questi giganti avevano sei dita per ogni mano, sei dita per ogni piede e quindi in tutto le sue dita erano 24…

Giganti e paure in Terra di Canaan
Il tema dei giganti ritorna prepotentemente in Numeri 13, quando Mosè manda dodici esploratori a osservare la terra di Canaan, che intendevano conquistare con la forza delle armi. Tornati dalla missione, essi riferiscono: “Abbiamo visto i giganti, discendenti di Anak, della razza dei giganti; ai nostri occhi ci sembrava di essere come locuste e così dovevamo sembrare a loro” (Numeri 13:33). Non si tratta di un paragone numerico (gli esploratori erano soltanto dodici) ma di proporzioni fisiche: davanti a esseri così imponenti, gli uomini si sentirono minuscoli e impotenti come insetti.
Alla fine questi esploratori sconsigliarono agli uomini di Mosè di andare contro questi personaggi e per questo loro avvertimento, che andava contro le indicazioni di Yahweh e di Mosè stesso, furono in buona parte uccisi.
La “democrazia” di Yahweh: il “cosiddetto Dio di amore”, ai tempi, come ormai sappiamo, non ammetteva obiezioni.
Polidattilia e il letto di Og
La Bibbia fornisce anche dettagli anatomici curiosi circa questi esserei spaventosi. In 2Samuele 21:20 e 1Cronache 20:6 leggiamo, come prima anticipato, di giganti con sei dita per mano e per piede, ventiquattro dita in tutto, e sottolineato dall’autore come a dire: “non mi sono sbagliato, era davvero così”.
In Deuteronomio 3:11 viene citato Og, re di Basan, anch’egli gigante. Il testo afferma che “il suo letto era di ferro… lungo nove cubiti e largo quattro”, cioè circa 4,1 × 1,8 metri. Anche qui si tratta di dati decisamente concreti, non di simboli.

L’interpretazione rabbinica
La tradizione rabbinica ha riflettuto a lungo sulle descrizioni di questi giganti. Il maestro Abrāhām ibn ‘Ezrā spiega che i Nefilìm prendono nome dal verbo ebraico nafal (“cadere, scendere”), perché “alla loro vista il cuore cadeva”. Quindi erano talmente reali e talmente spaventosi che chi li vedeva si sentiva venire meno. E quindi questa è una annotazione interessante.
Nimrod stesso, in varie tradizioni, viene associato ad Amrafel, nemico di Abramo, e persino a Orione, il cacciatore figlio di Poseidone e di una mortale, quindi un altro mezzosangue. Anche qui la sovrapposizione fra Bibbia e mito antico è evidente ed innegabile…

Il Libro di Enoch e il sesso degli angeli
Un testo apocrifo ma centrale è il Libro di Enoch, canonico per i cristiani copti. Nella sezione detta dei Vigilanti leggiamo che “gli angeli, figli del cielo, scesero sul monte Hermon, giurarono insieme e presero mogli tra le figlie degli uomini; esse concepirono e generarono giganti” (1Enoch:6,7).
Alcune traduzioni specificano che discesero “ai giorni di Yared”, nome che deriva dal verbo yarad, “scendere”, e che fossilizza la memoria di una “grande discesa”. Questi angeli, come ricorda anche Tertulliano, avevano desideri sessuali concreti: a questo proposito le donne a quei tempi, soprattutto se portavano capelli lunghi, dovevano velarsi per proteggersi. Non è un linguaggio metaforico: è, ancora una volta, cronaca narrativa.

Giuseppe Flavio e le ossa dei giganti
Lo storico giudeo Giuseppe Flavio, nelle Antichità giudaiche (I sec. d.C.), racconta che gli Israeliti conquistarono Hebron, dove rimaneva “una stirpe di giganti che, per la grande corporatura e le sembianze diverse, costituivano uno spettacolo orribile”. Aggiunge poi: “Ancora oggi se ne mostrano le ossa, che non assomigliano a nulla di quanto si conosce”.
Giuseppe Flavio scrive per i Romani, e non mette in dubbio l’esistenza dei giganti. Ci parla di ossa visibili nel suo tempo, allo stesso modo in cui la Bibbia racconta che il letto di Og era ancora conservato.
Il termine Nefilìm: caduti, aborti o Orione?
Anche il termine Nefilìm ha suscitato dibattiti secolari. Alcuni lo fanno derivare dalla radice ebraica n-f-l (“cadere, scendere”), con possibili significati morali o concreti. Altri, come lo studioso Heiser, lo collegano a un’origine aramaica: il singolare nephila indica la costellazione di Orione. Non è un caso che la Septuaginta traduca senza esitazione il termine con γίγαντες.
Alcuni filoni esegetici parlano persino di “aborti selettivi”: quando gli Elohim si univano con le adamite, si dice che facevano nascere soprattutto femmine e abortire i maschi, come se conoscessero già tecniche di analisi prenatale. È un’ipotesi che, se presa in considerazione come merita, apre scenari sorprendenti.
Conclusione
Genesi, Numeri, Deuteronomio, il Libro di Enoch, le tradizioni rabbiniche e Giuseppe Flavio: fonti diverse, ma tutte convergono su un dato, la memoria di esseri giganteschi che vissero tra gli uomini. Li si descrive potenti, spaventosi, spesso nemici di Israele e delle schiere di Yahweh.
Ma dei giganti parlano le antiche culture di tutti i continenti del pianeta.
Non posso ovviamente affermare che questa sia la verità definitiva, ma posso dire che è poco plausibile che popoli e culture lontane tra di loro nel tempo e nello spazio abbiano inventato favole identiche. È molto più logico pensare che tutti abbiano tramandato una memoria comune, che noi oggi leggiamo in forme diverse.
Per questo scelgo di leggere la Bibbia letteralmente, senza filtri teologici. Non per dogma, ma per rispetto ai testi, per rispetto agli antichi autori che continuano a ripetere le stesse cose: racconti concreti che meritano di essere presi sul serio e che ci invitano a riscoprire la possibile vera storia dell’umanità.